Tuesday, February 06, 2007

Uomo, donna, e...lavoro



A leggere tutti i punti di vista si deve averne uno immancabilmente. Il problema sembra allora essere colui che a ogni avviso la critica non sorge. La soggettivita incontornabile del soggetto spiega senza dubbio molto. In fondo, la domanda è questa : Che chiedere a un uomo? La prima risposta che mi viene, nella mia corsa frettolosa, è : Ancora di più. Si, ma fino a che punto e perché chiedere sempre di più.

Che paura nascondequesta esigenza? Quella di sentirsi inferiore, debole o di evitare di farlo per non raggiungere il movimento leggittimassimo del femminismo. Anzi, a parlare chiaro, la domanda è quella di sapere come giustificare ed assumere, oggi, la scelta di stare a casa per fare la mamma e la moglie. Già, certi si fermarono qui per gridare all'incompatibilità dei due. Una donna madre non è più donna e non puo più spostarsi nel campo dell'erotismo.




Prendiamo il problema sotto ciascun angolo :

1°/ L'angolo pratica : Ovviamente, se la donna prende la decisione di stare a casa, questo significa che lo stipendio del marito oppure i suoi propri soldi possono permetterlo. Anche nella perspettiva di futuri bambini. E in un modo consecutivo, i soldi nella casa saranno meno importanti.

Ma all'opposto, una donna a casa permette una comodità per il marito e i bambini aiutati a scuola, senza mancanza di affezione, insomma una vita molto più piacevole sul piano affetivo e pratico.

Infine, per la donna, un assenza di stress, di mancanza di tempo, una vita in cui è possibile di occuparsi di se stessa. Un elemento, che ancora una volta, non deve essere preso con leggerezza.

2°/L'angolo psicologico : Sarà forse questo a creare problemi. La donna che sta a casa deve, sopratutto nella società di oggi, farlo con la coscienza di una scelta assunta e ben pensata. Sono spariti i tempi in cui un uomo poteva impedire alla sua donna di lavorare. Si tocca qui il cuore del problema. La scelta di stare a casa è vista oggi come una distruzione della lotta dei movimenti femminili per la libertà della donna. Ma a pensarci bene, dal momento che lo "sto a casa" proviene da una scelta di lei stessa, rifutarglielo sembra ancora una volta tornare ad una privazione di libertà. Per capire questo, si deve vedere il diritto della donna al lavoro come un fatto acquisito. E qui, possiamo accorgersi del problema centrale : la paura proviene dell'idea secondo la quale "niente non è mai acquisito".

Torniamo il problema : dobbiamo solo dal fatto di questa paura, obbligare tante donne ad andare a lavorare allora che tale non è il loro desiderio o almeno guardarle negativamente? La risposta viene da sola e permette quindi di pensare che si deve oggi per fare del diritto al lavoro della donna un diritto a parte interra dare a lei anche il diritto di non usarlo senza che ne risulti nessuna riprovazione.

Ben assumato e ben riflesso, perché? Perché, il rischio è di sentirsi esclusa della società attiva che non mancherà di farsi ricordare a lei. Sarà suffciente di uscire alle 10 di mattinà per andare a fare un po di spesa per rendersi conto di essere circondata di vecchi di più di 60 anni. Poi la noia che puo provenire dallo "stare a casa" puo causare una depressione, un sentirsi inutile che messo in prospettiva con la morte puo creare una situazione penibile. Da un altra parte, la donna puo realizzarsi nella sua carriera, nel suo lavoro e tirarne più profitti che danni.

A tutto questo si aggiunge il problema della bellezza che una donna a casa dopo un certa età puo velocemente coonsiderare un ossessione. Una lotta puo allora avvenire contro il tempo, aumentata dal sentimento di non averlo usato a realizzarsi in un mestiere.

Per concludere, per me essere femminista è prima di tutto dare alle donne di oggi la coscienza della scelta che si proponga a lei e insieme i modi per usarlo bene dopo uno studio dei vantaggi e svantaggi.

0 Comments:

Post a Comment

Subscribe to Post Comments [Atom]

<< Home